22 aprile, ANNIVERSARI: MANI CHE PARLANO
Siamo alla terza domenica di Pasqua… quante parole ci hanno raggiunto in questi giorni, quanti messaggi… non ultimo: “Rispondere all’amore si può”, il bellissimo spettacolo che i giovani ci hanno donato ieri sera…ecco, voglio ripetere a loro: “ Siete la sostanza dei sogni miei”… e proprio loro ( bambini, ragazzi e giovani…) devono essere la sostanza dei sogni nostri…
In questi giorni soprattutto parlano gli occhi, i volti, i silenzi delle persone.
Un messaggio, quello della Pasqua, che sempre ci sorprende…
Voglio intrattenervi per alcuni istanti sul mistero delle mani… le nostre e quelle del Risorto…
Ecco il gesto semplice che afferra del bambino. La carezza rassicurante della madre o dell’amico... Il calore di una stretta di mano.
Lo scambio di cuori in quel camminare mano nella mano di due innamorati.
La fatica di mani callose e stanche o ferite dal lavoro... ( Quante mani ferite dal lavoro nella nostra Valle).
Il grido disperato o implorante di mani alzate.
Il prendersi per mano degli sposi nel momento del consenso e dell’infilarsi l’anello, la fede. L’unzione delle nostre mani nel momento dell’ordinazione…
Innumerevoli e diverse sono le parole delle mani. Sono parole da leggere e da interpretare, da ascoltare.
Chi guarda con gli occhi della fede la Pasqua riconosce la mano nascosta e invisibile di Dio, Padre di Gesù e degli uomini.
Nella morte e risurrezione di Cristo, Dio ricostruisce ciò che era distrutto. Annulla le distanze tra cielo e terra. Abbatte le divisioni tra gli uomini. Rischiara la notte. Cambia il pianto in gioia. Trasforma la tomba in un grembo. Fa’ brillare un Arcobaleno di luce e colori…
La Pasqua racconta così il volto di Dio e ci aiuta a rileggere la sua presenza instancabile nella storia. Alla sua mano creatrice appartiene l'universo.
Noi stessi, dice il profeta rivolgendosi a Dio, "siamo opera delle sue mani" (Is 64,7). Con mano potente il Signore ha liberato il suo popolo dalla schiavitù. (Esodo)
Per Osea: Dio ci tiene per mano e ci solleva come un bimbo alla sua guancia (Os 11, 3-4). Egli è un Padre che gioisce del ritorno del figlio prodigo, gli corre incontro e, commosso, lo abbraccia (Lc 15,20).
Mani robuste e potenti quelle di Dio. Mani affidabili alle quali, come Gesù sulla croce, possiamo consegnare la nostra vita.
Mani aperte ad una infinita tenerezza e misericordia.
Inoltre la mano invisibile di Dio si rende visibile nelle mani del Risorto.
Il giorno di Pasqua Gesù si presentò ai discepoli riuniti a porte chiuse e "mostrò loro le mani" (Gv 20,20). Ripeterà lo stesso gesto otto giorni dopo, rivolgendosi all'incredulo Tommaso: "Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani" (Gv 20,27). Parlano le mani trafitte del Crocifisso - Risorto. Esse dicono patimenti subiti, il suo amore, la sconfitta della morte, la fedeltà di Dio.
Le stesse mani del Risorto sono attive e operose. La sera di Pasqua, ospitato dai due discepoli di Emmaus, Gesù si mise a tavola con loro, "prese il pane, recitò la benedizione, lo spezzò e lo diede loro" (Lc 24,30). E di nuovo ( lo abbiamo appena sentito): ” Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io!... Dicendo questo mostrò loro le mani e i piedi…”
Sono mani, le nostre, che ripetono il gesto dell'Ultima Cena, che si alzano a Dio per tutti ogni volta che celebriamo l'eucaristia, che continuano a spezzare il pane di vita per nutrire e per invitare alla condivisione.
La mani del Crocifisso - Risorto sono le stesse mani di Gesù che passò fra la sua gente facendo del bene. Impose le mani agli ammalati e li guarì. Benedì i bambini, ma anche i cinque pani e i due pesci, offertigli da un ragazzo per sfamare la moltitudine... Prese la mano della fanciulla e la alzò dal suo letto di morte. Stese la sua mano ed afferrò Pietro travolto dalle onde. Si chinò a lavare i piedi degli apostoli. Scrisse per terra parole sconosciute che sulla sua bocca si capovolsero in perdono alla peccatrice: "Neanche io ti condanno" (Gv 8,11).
Immagine visibile del Padre, quelle di Gesù sono mani che curano le ferite, servono, nutrono, sollevano, aprono alla speranza, danno vita.
Sì, possiamo dirlo senza paura, Dio ha affidato alle nostre mani operose la custodia del creato, l'equa distribuzione dei beni della terra, la promozione della giustizia e della pace, lo sviluppo di una convivenza umana, dove ogni persona, a partire dai più deboli, dai profughi, dagli immigrati, dai più piccoli, sia rispettata nella sua dignità.
Il Signore risorto non ha altre mani che le nostre mani per curare le ferite, per abbattere i muri della divisione e dell'intolleranza, per servire i fratelli, per spezzare il pane della comunione e della solidarietà.
Fare Pasqua è interrogarci se le nostre mani costruiscono o distruggono, sono mani di risurrezione oppure di venerdì santo…
Chi guarda con il cuore le mani degli uomini e delle donne sa scorgere ciò che gli occhi non vedono o preferiscono ignorare. Riconosce silenziose domande e attese. Apprezza dedizione e nascoste generosità.
Vivere la Pasqua è, allora, guardare con fiducia alle mani infaticabili del Risorto che continua ad operare nel cuore degli uomini. Egli non abbandona il lavoro iniziato.
Fare Pasqua è anche interrogarci sul "linguaggio" delle nostre mani, lasciando echeggiare la voce del salmista:
"Chi salirà sul monte del Signore, chi può stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro". (Salmo. 24, 3-4)
Mani, dunque, belle, oneste, trasparenti, generose, mani ferite dalla vita ma mani di risurrezione perché sanno offrire sollievo e speranza.
Ho scelto per questo giorno come immagine l’Arcobaleno (segno di un’Alleanza di Dio con il suo popolo, un ponte di luce, alleanza mai stanca e mai ritirata) e le mani, mani colorate che profumano della bellezza del Risorto, mani ferite dalla vita che sanno guarire, mani che continuamente si offrono a Dio per la gioia di molti… così le nostre mani, le nostre di preti, le vostre di battezzati e cresimati, di consacrati… di sposi, di futuri preti e di futuri sposi …
Un tormentone dei campi estivi dell’Oratorio è stato (e sarà) la canzone: MANI…
Vorrei che le parole mutassero in preghiera
e rivederti, o Padre, che dipingevi il cielo.
Sapessi quante volte,
guardando questo mondo,
vorrei che tu tornassi a ritoccarne il cuore.
Vorrei che le mie mani avessero la forza
per sostenere chi non può camminare.
Mani, prendi queste mie mani,
fanne vita, fanne amore,
braccia aperte per ricevere chi è solo...
Sei tu lo spazio che desidero da sempre,
so che mi stringerai e mi terrai la mano.
Mani, prendi queste mie mani,
Mani, prendi queste nostre mani,
fanne vita, fanne amore…
Tra i tanti biglietti d’auguri, (mi piace ricordare le belle lettere del gruppo ’98, e i biglietti del Gruppo Cafarnao) messaggi e pensieri uno mi ha particolarmente colpito in questi giorni… parlando del prete si scrive…
“Un’immagine che calza abbastanza è quella della scaletta… quando si deve salire su una pianta senza rami bassi o scavalcare un muretto un po’ alto… qualcuno intreccia le dita e alza il piede degli altri… alla fine lui resta sotto, solo e con le mani un po’ sporche ad aspettare” che qualcuno racconti quello che finalmente vede o aspetta di poter intravedere gli occhi pieni di luce e di gioia dell’amico per quello che ha visto…
Immagino così (come il fare da scaletta con le proprie mani) la vita del prete, del diacono, degli sposi, del vescovo, di una vedova o di un celibe, di un consacrato o di una suora, della catechista, di un giovane cristiano, dei fidanzati, di un seminarista, di un educatore o di un allenatore…
Chiediamo al Signore che le nostre mani unite siano, oggi,
per questo mondo il suo nuovo arcobaleno…