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Molte volte nella storia si è voluto togliere di mezzo qualcuno.

Anche questa sera ci viene ricordato che c’è un problema da risolvere in fretta: Gesù.

Gesù rende libere le persone dalle malattie, dai demoni, dai capi religiosi, dalla religione tradizionale e soprattutto apre gli occhi alla gente.

Questo è del tutto insopportabile: fermiamolo...

 

Mandano un distaccamento della corte romana che era composta da 600 uomini + le guardie del tempio fornite dai sommi sacerdoti che erano circa 200.

Che spreco di personale a danno della sicurezza di tutta una città, per arrestare un uomo solo!

Veramente questo Gesù era molto pericoloso.

Quando questo esercito di persone arriva da lui in realtà scoprono che è Gesù che si offre.

 

Gesù dice: “Prendete me e lasciate questi” ...

 

Perché?

 

Gesù baratta la sua cattura con la libertà dei discepoli.

Sa che sono venuti per arrestare lui e i suoi discepoli e cerca di salvarli, di proteggerli. Si offre per tutti.

Dal punto di vista del potere è: lo abbiamo arrestato.

Dal punto di vista di Gesù è: offro in libertà la mia vita, per mostrare chi è veramente il Padre.

 

Riascoltando le pagine straordinarie della Passione secondo Giovanni abbiamo constatato come fino alla fine non c’è alcuna pietà per quest’uomo.

 

Gesù chiede un ultimo gesto di misericordia:

“Ho sete”...

 ma il loro cuore è così corazzato che non provano nessuna pietà, gli offrono aceto.

Come dice il salmo 69,22: “Mi hanno messo nel cibo veleno e quando avevo sete mi hanno dato aceto”.

L’aceto è il simbolo dell’odio:

sono completamente induriti;

Gesù si beve l’odio che gli altri gli porgono.

Ci sono i sacerdoti che proiettano su Gesù il loro terrore di perdere la posizione.

Pilato proietta su Gesù il suo terrore di non fare  carriera, gli apostoli proiettano su Gesù le loro attese e lo abbandonano.

La gente comune proietta su Gesù la sua impotenza di scacciare i romani e pur facendone un re, lo abbandonano.

 

 Gesù muore perché quelli che gli stanno attorno proiettano su di lui, ciò che loro temono di vedere.

 Gesù beve tutto l’odio che l’umanità produce e lo fa suo.

La proiezione uccide perché io chiedo, obbligo, impongo all’altro di essere ciò che non è.

Se mi ascolta, muore la persona, (la sua personalità). Se non mi ascolta, lo uccido perché non è come me, come lo voglio io.

Gesù si offre, si lascia uccidere perché noi possiamo essere radicalmente liberi di essere noi stessi.

 

Si racconta di quel tale che avendo mal di denti incontra un altro che sta urlando e gli chiede:

Che cos’hai? E l’uomo: Mi ha morso una vipera...

Ah, niente di grave, credevo ti facesse male un dente.

 

Una favola africana racconta che un cucciolo di leopardo si perdette nella steppa e un elefante, per caso, lo calpestò. Poco dopo, il cucciolo fu trovato morto...

La notizia fu portata al padre-leopardo:

 “Il tuo piccolo è morto”, dissero al padre- leopardo, lo abbiamo trovato nell’erba, giù nella valle”.

Il leopardo ruggì di dolore e di collera: “Ditemi chi l’ha ucciso perché io mi possa vendicare”. “È stato un elefante... È stato un elefante”.

 “No- disse il padre - non è stato l’elefante. Sono state le pecore, sono state certamente le pecore”.

E il leopardo- padre infiammato da grande collera, corse nella steppa dove pascolavano le pecore e uccise tutto il gregge.

 

Gesù è l’agnello ucciso, perché altri hanno spostato e diretto verso di lui tutto l’odio di cui erano capaci, perché non volevano vedere dove abita il male...

I Vangeli dicono non che Gesù morì ma che “consegnò lo spirito, spirò”.

 

E’ dalla morte di Gesù che “spirare” vuol dire morire.

 

Gesù non muore semplicemente:

gli uomini non sono riusciti ad ucciderlo.

Gesù consegna la sua vita, consegna lo Spirito:

il suo spirito passa a tutti noi.

La sua morte diventa un dono di vita per tutti noi, lui vive in noi. Il suo Spirito vivente è ormai di tutti quelli che lo accolgono, in tutti noi.

 

Ma posso dire che Gesù non è morto una volta sola 2000 anni fa ... Gesù muore ogni volta che io non faccio vivere in me il suo Spirito.

Lui vive in me: ma poi io decido se farlo nascere o lasciarlo nel sepolcro del mio cuore.

È per questo che questa sera, unica sera, durante l’anno liturgico... vivremo lo svelamento della croce e di questo dice un grande autore:

 

Dice un ottimo autore:

 

“La verità cristiana è assumere la vita non dimenticanza.

Una verità che si svela.

A poco a poco...

È una verità che mi rivolge un invito, senza imporsi.

M’ invita dolcemente.

L’ esperienza di vederla poco alla volta significa che non posso scoprirla se non mi impegno in una relazione con essa.

La croce si coinvolge con me e io mi coinvolgo con essa.

Proclamata, essa viene verso di noi.

Accolta, si illumina.

Scoprendosi, mi porta allo scoperto.

Invitandomi, mi attira.

Nel momento in cui si svela, la croce non è più oggetto di legno,

Ma volto che mi chiama, mi parla, sguardo che mi invita a una comunione”.

 

Perché è vero lo sguardo dell’altro sempre mi trasforma.

 

“Tre le acclamazioni alla croce come tre saranno quelle per la luce del fuoco di Pasqua.

E come tre sono gli alleluia della risurrezione:

Tre, sono i no di Pietro come tre saranno

i “ti amo, ti voglio bene”:

Signore, tu lo sai che ti voglio bene.

La croce non è fine a se stessa:

Signore, noi adoriamo la tua croce 

E glorifichiamo la tua santa risurrezione.

 

La croce ci fa passare dalla notte alla luce e ci impone una scelta sulla nostra libertà di uomini. Possiamo scegliere la morte o la vita.

Un antecedente straordinario è nel Deuteronomio (30,19):

“Sei dinanzi a una scelta: scegli la morte o scegli la vita”...

 

 

Mi sembra di potervi dire questa notte:

 

Di fronte allo sguardo di un bambino siriano sotto le bombe tutti i saperi del mondo vengono meno. Nessuna ragione regge quello sguardo, mattino del mondo, o dinanzi alla morte, declino dell’essere.

 

In Gesù, muore l’innocente e muoiono tutti gli innocenti. Ringraziamo l’anno liturgico della Chiesa che ce la fa meditare una volta all’anno la sua Passione, affinché la portiamo tutti,  credenti o no, nell’umile obbedienza alla lunga storia di coloro che sono stati rivestiti o si sono lasciati rivestire di porpora...

 

Per Gesù non c’era altro modo di salvare l’uomo dalla morte che passando attraverso la morte e la croce.

 

O Padre, quanto poco amiamo queste cose!

 

Noi abbiamo paura, e giustamente, della sofferenza; le abbiamo dato anche un altro nome: “solitudine”...

 

Questa notte possiamo comprendere che Gesù Cristo non lascia solo nessuno, non c’è passione senza compassione.

 

Una società che ha paura della sofferenza non è umana. Paradossalmente, è questo che il Venerdì Santo proclama di fronte al mondo. Non vi sono parole per la sofferenza, non si può dire nulla sulla sofferenza. Tra poco ci accosteremo dopo il bacio alla croce e il profumo sulle mani, alla Comunione ai doni consacrati nel Giovedì santo, più che mai espressione dell’unità di questi due giorni in un solo mistero:

 un solo Gesù donato,

una sola Pasqua,

la porpora e il legno,

la luce e la visione del pasto eucaristico,

il Venerdì santo si conclude così:

Gesù ti dà il suo Spirito.

 

E adesso che si fa?

 

 Lui vive in te e tu vivi in lui.

Lui non c’è più.

Fisicamente non c’è più.

Lui c’è: come presenza viva in te.

Ci sei tu e il Suo Spirito in te.

Se lo farai vivere ... sarà Pasqua.

Scegli.