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“Amoris laetitia”, sull’amore nella famiglia - Sintesi

“Amoris laetitia” (AL - “La gioia dell’amore”), l’Esortazione apostolica post-sinodale “sull’amore

nella famiglia”, datata non a caso 19 marzo, Solennità di San Giuseppe, raccoglie i risultati di due

Sinodi sulla famiglia indetti da Papa Francesco nel 2014 e nel 2015, le cui Relazioni conclusive

sono largamente citate, insieme a documenti e insegnamenti dei suoi Predecessori e alle numerose

catechesi sulla famiglia dello stesso Papa Francesco. Tuttavia, come già accaduto per altri

documenti magisteriali, il Papa si avvale anche dei contributi di diverse Conferenze episcopali del

mondo (Kenya, Australia, Argentina…) e di citazioni di personalità significative come Martin

Luther King o Erich Fromm. Particolare una citazione dal film “Il pranzo di Babette”, che il Papa

ricorda per spiegare il concetto di gratuità.



Premessa

L’Esortazione apostolica colpisce per ampiezza e articolazione. Essa è suddivisa in nove capitoli e

oltre 300 paragrafi. Ma si apre con sette paragrafi introduttivi che mettono in piena luce la

consapevolezza della complessità del tema e l’approfondimento che richiede. Si afferma che gli

interventi dei Padri al Sinodo hanno composto un «prezioso poliedro» (AL 4) che va preservato. In

questo senso il Papa scrive che «non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere

risolte con interventi del magistero». Dunque per alcune questioni «in ogni paese o regione si

possono cercare soluzioni più inculturate, attente alle tradizioni e alle sfide locali. Infatti, “le culture

sono molto diverse tra loro e ogni principio generale [...] ha bisogno di essere inculturato, se vuole

essere osservato e applicato”» (AL 3). Questo principio di inculturazione risulta davvero importante

persino nel modo di impostare e comprendere i problemi che, aldilà delle questioni dogmatiche ben

definite dal Magistero della Chiesa, non può essere «globalizzato».Ma soprattutto il Papa afferma

subito e con chiarezza che bisogna uscire dalla sterile contrapposizione tra ansia di cambiamento e

applicazione pura e semplice di norme astratte. Scrive: «I dibattiti che si trovano nei mezzi di

comunicazione o nelle pubblicazioni e perfino tra i ministri della Chiesa vanno da un desiderio

sfrenato di cambiare tutto senza sufficiente riflessione o fondamento, all’atteggiamento che

pretende di risolvere tutto applicando normative generali o traendo conclusioni eccessive da alcune

riflessioni teologiche» (AL 2).

Capitolo primo: “Alla luce della Parola”

Poste queste premesse, il Papa articola la sua riflessione a partire dalle Sacre Scritture con il primo

capitolo, che si sviluppa come una meditazione sul Salmo 128, caratteristico della liturgia nuziale

ebraica come di quella cristiana. La Bibbia «è popolata da famiglie, da generazioni, da storie di

amore e di crisi familiari» (AL 8) e a partire da questo dato si può meditare come la famiglia non sia

un ideale astratto, ma un «compito “artigianale”» (AL 16) che si esprime con tenerezza (AL 28) ma

che si è confrontato anche con il peccato sin dall’inizio, quando la relazione d’amore si è

trasformata in dominio (cfr AL 19). Allora la Parola di Dio «non si mostra come una sequenza di

tesi astratte, bensì come una compagna di viaggio anche per le famiglie che sono in crisi o

attraversano qualche dolore, e indica loro la meta del cammino» (AL 22).

Capitolo secondo: “La realtà e le sfide delle famiglie”

A partire dal terreno biblico nel secondo capitolo il Papa considera la situazione attuale delle

famiglie, tenendo «i piedi per terra» (AL 6), attingendo ampiamente alle Relazioni conclusive dei

due Sinodi e affrontando numerose sfide, dal fenomeno migratorio alla negazione ideologica della

differenza di sesso (“ideologia del gender”); dalla cultura del provvisorio alla mentalità antinatalista

e all’impatto delle biotecnologie nel campo della procreazione; dalla mancanza di casa e di lavoro

alla pornografia e all’abuso dei minori; dall’attenzione alle persone con disabilità, al rispetto degli

anziani; dalla decostruzione giuridica della famiglia, alla violenza nei confronti delle donne. Il Papa

insiste sulla concretezza, che è una cifra fondamentale dell’Esortazione. E sono la concretezza e il

realismo che pongono una sostanziale differenza tra «teorie» di interpretazione della realtà e

«ideologie».

Citando la Familiaris consortio Francesco afferma che «è sano prestare attenzione alla realtà

concreta, perché “le richieste e gli appelli dello Spirito risuonano anche negli stessi avvenimenti

della storia”, attraverso i quali “la Chiesa può essere guidata ad una intelligenza più profonda

dell'inesauribile mistero del matrimonio e della famiglia”» (AL 31). Senza ascoltare la realtà non è

possibile comprendere né le esigenze del presente né gli appelli dello Spirito, dunque. Il Papa nota

che l’individualismo esasperato rende difficile oggi donarsi a un’altra persona in maniera generosa

(cfr AL 33). Ecco una interessante fotografia della situazione: «Si teme la solitudine, si desidera

uno spazio di protezione e di fedeltà, ma nello stesso tempo cresce il timore di essere catturati da

una relazione che possa rimandare il soddisfacimento delle aspirazioni personali» (AL 34).

L’umiltà del realismo aiuta a non presentare «un ideale teologico del matrimonio troppo astratto,

quasi artificiosamente costruito, lontano dalla situazione concreta e dalle effettive possibilità delle

famiglie così come sono» (AL 36). L’idealismo allontana dal considerare il matrimonio quel che è,

cioè un «cammino dinamico di crescita e realizzazione». Per questo non bisogna neanche credere

che le famiglie si sostengano «solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza

motivare l’apertura alla grazia» (AL 37). Invitando a una certa “autocritica” di una presentazione

non adeguata della realtà matrimoniale e familiare, il Papa insiste che è necessario dare spazio alla

formazione della coscienza dei fedeli: “Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di

sostituirle” (AL37). Gesù proponeva un ideale esigente ma «non perdeva mai la vicinanza

compassionevole alle persone fragili come la samaritana o la donna adultera» (AL 38).

Capitolo terzo: “Lo sguardo rivolto a Gesù: la vocazione della famiglia”

Il terzo capitolo è dedicato ad alcuni elementi essenziali dell’insegnamento della Chiesa circa il

matrimonio e la famiglia. La presenza di questo capitolo è importante perché illustra in maniera

sintetica in 30 paragrafi la vocazione alla famiglia secondo il Vangelo così come è stata recepita

dalla Chiesa nel tempo, soprattutto sul tema della indissolubilità, della sacramentalità del

matrimonio, della trasmissione della vita e della educazione dei figli. Vengono ampiamente citate la

Gaudium et spes del Vaticano II, la Humanae vitae di Paolo VI, la Familiaris consortio di Giovanni

Paolo II.

Lo sguardo è ampio e include anche le «situazioni imperfette». Leggiamo infatti: «”Il discernimento

della presenza dei “semina Verbi” nelle altre culture (cfr Ad gentes, 11) può essere applicato anche

alla realtà matrimoniale e familiare. Oltre al vero matrimonio naturale ci sono elementi positivi

presenti nelle forme matrimoniali di altre tradizioni religiose”, benché non manchino neppure le

ombre” (AL 77). La riflessione include anche le «famiglie ferite» di fronte alle quali il Papa afferma

—citando la Relatio finalis del Sinodo del 2015 —«occorre sempre ricordare un principio generale:

“Sappiano i pastori che, per amore della verità, sono obbligati a ben discernere le situazioni”

(Familiaris consortio, 84). Il grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi, e possono esistere

fattori che limitano la capacità di decisione. Perciò, mentre va espressa con chiarezza la dottrina,

sono da evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è

necessario essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro

condizione» (AL 79).

Capitolo quarto: “L’amore nel matrimonio”

Il quarto capitolo tratta dell’amore nel matrimonio, e lo illustra a partire dall’”inno all’amore” di

San Paolo in 1 Cor 13, 4-7. Il capitolo è una vera e propria esegesi attenta, puntuale, ispirata e

poetica del testo paolino. Potremmo dire che si tratta di una collezione di frammenti di un discorso

amoroso che è attento a descrivere l’amore umano in termini assolutamente concreti. Si resta colpiti

dalla capacità di introspezione psicologica che segna questa esegesi. L’approfondimento

psicologico entra nel mondo delle emozioni dei coniugi — positive e negative —e nella dimensione

erotica dell’amore. Si tratta di un contributo estremamente ricco e prezioso per la vita cristiana dei

coniugi, che non aveva finora paragone in precedenti documenti papali.

A suo modo questo capitolo costituisce un trattatello dentro la trattazione più ampia, pienamente

consapevole della quotidianità dell’amore che è nemica di ogni idealismo: «non si deve gettare

sopra due persone limitate — scrive il Pontefice —il tremendo peso di dover riprodurre in maniera

perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa, perché il matrimonio come segno implica “un

processo dinamico, che avanza gradualmente con la progressiva integrazione dei doni di Dio”» (AL

122). Ma d’altra parte il Papa insiste in maniera forte e decisa sul fatto che «nella stessa natura

dell’amore coniugale vi è l’apertura al definitivo» (AL 123), proprio all’interno di quella

«combinazione di gioie e di fatiche, di tensioni e di riposo, di sofferenze e di liberazioni, di

soddisfazioni e di ricerche, di fastidi e di piaceri» (Al 126) che è appunto il matrimonio.

Il capitolo si conclude con una riflessione molto importante sulla «trasformazione dell’amore»

perché «il prolungarsi della vita fa sì che si verifichi qualcosa che non era comune in altri tempi: la

relazione intima e la reciproca appartenenza devono conservarsi per quattro, cinque o sei decenni, e

questo comporta la necessità di ritornare a scegliersi a più riprese» (AL 163). L’aspetto fisico muta

e l’attrazione amorosa non viene meno ma cambia: il desiderio sessuale col tempo si può

trasformare in desiderio di intimità e “complicità”. «Non possiamo prometterci di avere gli stessi

sentimenti per tutta la vita. Ma possiamo certamente avere un progetto comune stabile, impegnarci

ad amarci e a vivere uniti finché la morte non ci separi, e vivere sempre una ricca intimità» (AL

163).

Capitolo quinto: “L’amore che diventa fecondo”

Il quinto capitolo è tutto concentrato sulla fecondità e la generatività dell’amore. Si parla in maniera

spiritualmente e psicologicamente profonda dell’accogliere una nuova vita, dell’attesa propria della

gravidanza, dell’amore di madre e di padre. Ma anche della fecondità allargata, dell’adozione,

dell’accoglienza del contributo delle famiglie a promuovere una “cultura dell’incontro”, della vita

nella famiglia in senso ampio, con la presenza di zii, cugini, parenti dei parenti, amici. L’Amoris

laetitia non prende in considerazione la famiglia «mononucleare», perché è ben consapevole della

famiglia come rete di relazioni ampie. La stessa mistica del sacramento del matrimonio ha un

profondo carattere sociale (cfr AL 186). E all’interno di questa dimensione sociale il Papa sottolinea

in particolare sia il ruolo specifico del rapporto tra giovani e anziani, sia la relazione tra fratelli e

sorelle come tirocinio di crescita nella relazione con gli altri.

Capitolo sesto: “Alcune prospettive pastorali”

Nel sesto capitolo il Papa affronta alcune vie pastorali che orientano a costruire famiglie solide e

feconde secondo il piano di Dio. In questa parte l’Esortazione fa largo ricorso alle Relazioni

conclusive dei due Sinodi e alle catechesi di Papa Francesco e di Giovanni Paolo II. Si ribadisce che

le famiglie sono soggetto e non solamente oggetto di evangelizzazione. Il Papa rileva «che ai

ministri ordinati manca spesso una formazione adeguata per trattare i complessi problemi attuali

delle famiglie» (AL 202). Se da una parte bisogna migliorare la formazione psico-affettiva dei

seminaristi e coinvolgere di più la famiglia nella formazione al ministero (cfr AL 203), dall’altra

«può essere utile (…) anche l’esperienza della lunga tradizione orientale dei sacerdoti sposati» (AL

202).

Quindi il Papa affronta il tema del guidare i fidanzati nel cammino di preparazione al matrimonio,

dell’accompagnare gli sposi nei primi anni della vita matrimoniale (compreso il tema della paternità

responsabile), ma anche in alcune situazioni complesse e in particolare nelle crisi, sapendo che

«ogni crisi nasconde una buona notizia che occorre saper ascoltare affinando l’udito del cuore» (AL

232). Si analizzano alcune cause di crisi, tra cui una maturazione affettiva ritardata (cfr AL 239).

Inoltre si parla anche dell’accompagnamento delle persone abbandonate, separate o divorziate e si

sottolinea l’importanza della recente riforma dei procedimenti per il riconoscimento dei casi di

nullità matrimoniale. Si mette in rilievo la sofferenza dei figli nelle situazioni conflittuali e si

conclude: “Il divorzio è un male, ed è molto preoccupante la crescita del numero dei divorzi. Per

questo, senza dubbio, il nostro compito pastorale più importante riguardo alle famiglie è rafforzare

l’amore e aiutare a sanare le ferite, in modo che possiamo prevenire l’estendersi di questo dramma

nella nostra epoca” (AL 246). Si toccano poi le situazioni dei matrimoni misti e di quelli con

disparità di culto, e la situazione delle famiglie che hanno al loro interno persone con tendenza

omosessuale, ribadendo il rispetto nei loro confronti e il rifiuto di ogni ingiusta discriminazione e di

ogni forma di aggressione o violenza. Pastoralmente preziosa è la parte finale del capitolo: “Quando

la morte pianta il suo pungiglione”, sul tema della perdita delle persone care e della vedovanza.

Capitolo settimo: “Rafforzare l’educazione dei figli”

Il settimo capitolo è tutto dedicato all’educazione dei figli: la loro formazione etica, il valore della

sanzione come stimolo, il paziente realismo, l’educazione sessuale, la trasmissione della fede, e più

in generale la vita familiare come contesto educativo. Interessante la saggezza pratica che traspare a

ogni paragrafo e soprattutto l’attenzione alla gradualità e ai piccoli passi «che possano essere

compresi, accettati e apprezzati» (AL 271).

Vi è un paragrafo particolarmente significativo e pedagogicamente fondamentale nel quale

Francesco afferma chiaramente che «l’ossessione non è educativa, e non si può avere un controllo

di tutte le situazioni in cui un figlio potrebbe trovarsi a passare (…). Se un genitore è ossessionato

di sapere dove si trova suo figlio e controllare tutti i suoi movimenti, cercherà solo di dominare il

suo spazio. In questo modo non lo educherà, non lo rafforzerà, non lo preparerà ad affrontare le

sfide. Quello che interessa principalmente è generare nel figlio, con molto amore, processi di

maturazione della sua libertà, di preparazione, di crescita integrale, di coltivazione dell’autentica

autonomia» (AL 261).

Notevole è la sezione dedicata all’educazione sessuale, intitolata molto espressivamente: “Sì

all’educazione sessuale”. Si sostiene la sua necessità e ci si domanda “se le nostre istituzioni

educative hanno assunto questa sfida (…) in un’epoca in cui si tende a banalizzare e impoverire la

sessualità”. Essa va realizzata “nel quadro di un’educazione all’amore, alla reciproca donazione”

(AL 280). Si mette in guardia dall’espressione “sesso sicuro”, perché trasmette “un atteggiamento

negativo verso la naturale finalità procreativa della sessualità, come se un eventuale figlio fosse un

nemico dal quale doversi proteggere. Così si promuove l’aggressività narcisistica invece

dell’accoglienza” (AL 283).

Capitolo ottavo: “Accompagnare, discernere e integrare la fragilità”

Il capitolo ottavo costituisce un invito alla misericordia e al discernimento pastorale davanti a

situazioni che non rispondono pienamente a quello che il Signore propone. Il Papa qui scrive usa tre

verbi molto importanti: “accompagnare, discernere e integrare” che sono fondamentali

nell’affrontare situazioni di fragilità, complesse o irregolari. Quindi il Papa presenta la necessaria

gradualità nella pastorale, l’importanza del discernimento, le norme e circostanze attenuanti nel

discernimento pastorale, e infine quella che egli definisce la «logica della misericordia pastorale».

Il capitolo ottavo è molto delicato. Per leggerlo si deve ricordare che «spesso il lavoro della Chiesa

assomiglia a quello di un ospedale da campo» (AL 291). Qui il Pontefice assume ciò che è stato

frutto della riflessione del Sinodo su tematiche controverse. Si ribadisce che cos’è il matrimonio

cristiano e si aggiunge che «altre forme di unione contraddicono radicalmente questo ideale, mentre

alcune lo realizzano almeno in modo parziale e analogo». La Chiesa dunque «non manca di

valorizzare gli “elementi costruttivi in quelle situazioni che non corrispondono ancora o non più” al

suo insegnamento sul matrimonio» (AL 292).

Per quanto riguarda il “discernimento” circa le situazioni “irregolari” il Papa osserva: “sono da

evitare giudizi che non tengono conto della complessità delle diverse situazioni, ed è necessario

essere attenti al modo in cui le persone vivono e soffrono a motivo della loro condizione” (AL 296).

E continua: “Si tratta di integrare tutti, si deve aiutare ciascuno a trovare il proprio modo di

partecipare alla comunità ecclesiale, perché si senta oggetto di una misericordia ‘immeritata,

incondizionata e gratuita’”(AL 297). Ancora: “I divorziati che vivono una nuova unione, per

esempio, possono trovarsi in situazioni molto diverse, che non devono essere catalogate o rinchiuse

in affermazioni troppo rigide senza lasciare spazio a un adeguato discernimento personale e

pastorale” (AL 298).

In questa linea, accogliendo le osservazioni di molti Padri sinodali, il Papa afferma che “i battezzati

che sono divorziati e risposati civilmente devono essere più integrati nelle comunità cristiane nei

diversi modi possibili, evitando ogni forma di scandalo”. “La loro partecipazione può esprimersi in

diversi servizi ecclesiali (…) Essi non devono sentirsi scomunicati, ma possono vivere e maturare

come membra vive della Chiesa (…) Questa integrazione è necessaria pure per la cura e

l’educazione cristiana dei loro figli” (AL 299).

Più in generale il Papa fa una affermazione estremamente importante per comprendere

l’orientamento e il senso dell’Esortazione: “Se si tiene conto dell’innumerevole varietà di situazioni

concrete (…) è comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione

una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi. E’ possibile soltanto un

nuovo incoraggiamento ad un responsabile discernimento personale e pastorale dei casi particolari,

che dovrebbe riconoscere che, poiché il ‘grado di responsabilità non è uguale in tutti i casi’, le

conseguenze o gli effetti di una norma non necessariamente devono essere sempre gli stessi” (AL

300). Il Papa sviluppa in modo approfondito esigenze e caratteristiche del cammino di

accompagnamento e discernimento in dialogo approfondito fra i fedeli e i pastori. A questo fine

richiama la riflessione della Chiesa “su condizionamenti e circostanze attenuanti” per quanto

riguarda la imputabilità e la responsabilità delle azioni e, appoggiandosi a San Tommaso d’Aquino,

si sofferma sul rapporto fra “le norme e il discernimento” affermando: “E’ vero che le norme

generali presentano un bene che non si deve mai disattendere né trascurare, ma nella loro

formulazione non possono abbracciare assolutamente tutte le situazioni particolari. Nello stesso

tempo occorre dire che, proprio per questa ragione, ciò che fa parte di un discernimento pratico

davanti a una situazione particolare non può essere elevato al livello di una norma” (AL 304).

Nell’ultima sezione del capitolo: “La logica della misericordia pastorale”, Papa Francesco, per

evitare equivoci, ribadisce con forza: “Comprendere le situazioni eccezionali non implica mai

nascondere la luce dell’ideale più pieno né proporre meno di quanto Gesù offre all’essere umano.

Oggi, più importante di una pastorale dei fallimenti è lo sforzo pastorale per consolidare i

matrimoni e così prevenire le rotture” (AL 307). Ma il senso complessivo del capitolo e dello spirito

che Papa Francesco intende imprimere alla pastorale della Chiesa è ben riassunto nelle parole finali:

“Invito i fedeli che stanno vivendo situazioni complesse ad accostarsi con fiducia a un colloquio

con i loro pastori o con laici che vivono dediti al Signore. Non sempre troveranno in essi una

conferma delle proprie idee e dei propri desideri, ma sicuramente riceveranno una luce che

permetterà loro di comprendere meglio quello che sta succedendo e potranno scoprire un cammino

di maturazione personale. E invito i pastori ad ascoltare con affetto e serenità, con il desiderio

sincero di entrare nel cuore del dramma delle persone e di comprendere il loro punto di vista, per

aiutarle a vivere meglio e a riconoscere il loro posto nella Chiesa” (AL 312). Sulla “logica della

misericordia pastorale” Papa Francesco afferma con forza: «A volte ci costa molto dare spazio nella

pastorale all’amore incondizionato di Dio. Poniamo tante condizioni alla misericordia che la

svuotiamo di senso concreto e di significato reale, e questo è il modo peggiore di annacquare il

Vangelo» (AL 311).

Capitolo nono: “Spiritualità coniugale e familiare”

Il nono capitolo è dedicato alla spiritualità coniugale e familiare, «fatta di migliaia di gesti reali e

concreti» (AL 315). Con chiarezza si dice che «coloro che hanno desideri spirituali profondi non

devono sentire che la famiglia li allontana dalla crescita nella vita dello Spirito, ma che è un

percorso che il Signore utilizza per p

ortarli ai vertici dell’unione mistica» (AL 316). Tutto, «i momenti di gioia, il riposo o la festa, e

anche la sessualità, si sperimentano come una partecipazione alla vita piena della sua Risurrezione»

(AL 317). Si parla quindi della preghiera alla luce della Pasqua, della spiritualità dell’amore

esclusivo e libero nella sfida e nell’anelito di invecchiare e consumarsi insieme, riflettendo la

fedeltà di Dio (cfr AL 319). E infine la spiritualità «della cura, della consolazione e dello stimolo».

«Tutta la vita della famiglia è un “pascolo” misericordioso. Ognuno, con cura, dipinge e scrive nella

vita dell’altro» (AL 322), scrive il Papa. È profonda «esperienza spirituale contemplare ogni

persona cara con gli occhi di Dio e riconoscere Cristo in lei» (AL 323).

Nel paragrafo conclusivo il Papa afferma: “Nessuna famiglia è una realtà perfetta e confezionata

una volta per sempre, ma richiede un graduale sviluppo della propria capacità di amare (…). Tutti

siamo chiamati a tenere viva la tensione verso qualcosa che va oltre noi stessi e i nostri limiti, e ogni

famiglia deve vivere in questo stimolo costante. Camminiamo, famiglie, continuiamo a camminare !

(…). Non perdiamo la speranza a causa dei nostri limiti, ma neppure rinunciamo a cercare la

pienezza di amore e di comunione che ci è stata promessa” (AL 325).

L’Esortazione apostolica si conclude con una Preghiera alla Santa Famiglia (AL 325).

Preghiera alla Santa Famiglia

Gesù, Maria e Giuseppe,

in voi contempliamo

lo splendore del vero amore,

a voi, fiduciosi, ci affidiamo.

Santa Famiglia di Nazaret,

rendi anche le nostre famiglie

luoghi di comunione e cenacoli di preghiera,

autentiche scuole di Vangelo

e piccole Chiese domestiche.

Santa Famiglia di Nazaret,

mai più ci siano nelle famiglie

episodi di violenza, di chiusura e di divisione;

che chiunque sia stato ferito o scandalizzato

venga prontamente confortato e guarito.

Santa Famiglia di Nazaret,

fa’ che tutti ci rendiamo consapevoli

del carattere sacro e inviolabile della famiglia,

della sua bellezza nel progetto di Dio.

Gesù, Maria e Giuseppe,

ascoltateci e accogliete la nostra supplica.

Amen.

Come è possibile comprendere già da un rapido esame dei suoi contenuti, L’Esortazione apostolica

Amoris laetitia intende ribadire con forza non l’«ideale» della famiglia, ma la sua realtà ricca e

complessa. Vi è nelle sue pagine uno sguardo aperto, profondamente positivo, che si nutre non di

astrazioni o proiezioni ideali, ma di un’attenzione pastorale alla realtà. Il documento è una lettura

densa di spunti spirituali e di sapienza pratica utile ad ogni coppia umana o a persone che

desiderano costruire una famiglia. Si vede soprattutto che è stata frutto di esperienza concreta con

persone che sanno per esperienza che cosa sia la famiglia e il vivere insieme per molti anni.

L’Esortazione parla infatti il linguaggio dell’esperienza.

* * *

Il Don

don Alberto Cinghia