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La resurrezione è in qualche modo collegata con l’alzarsi. Molti preferiscono rimanere nella tomba della propria paura e rassegnazione, delle proprie delusioni e ferite. Si sono sistemati nella tomba perché hanno paura della vita. Alzarsi significa certamente che io possa essere ferito. Quando mi alzo, devo espormi alla vita. Ma di questo molti hanno paura. Così preferiscono rimanere distesi. La parola greca che significa “alzarsi”, egherein, è usata sia per la risurrezione di Gesù che per le molte narrazioni di guarigione, nelle quali Gesù invita i malati ad alzarsi e camminare. In queste narrazioni di guarigione avviene anche una risurrezione. Le persone ricevono il coraggio di sciogliersi dalle catene della propria paura, di non lasciarsi incatenare al letto delle proprie inibizioni e dei propri blocchi., ma di alzarsi, di prendere il lettuccio sotto braccio e camminare. Luca racconta non solamente le narrazioni delle guarigioni compiute da Gesù, ma anche quelle compiute dagli apostoli. In esse il mistero della resurrezione continua nei discepoli. Luca vuole mostrarci che la resurrezione non è stato un evento unico, ma che, credendo nella risurrezione di Gesù, sperimentiamo contemporaneamente una risurrezione in noi stessi e possiamo risvegliare altri alla vita.

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Riflessione : La pietra che impedisce di vivere. (Mt 28,2)

La pietra, che chiude il sepolcro, è un simbolo dei blocchi che ci impediscono di vivere. Molti hanno la sensazione di avere sopra di loro un masso che non li fa vivere. Può essere la zavorra del passato, le molte offese e ferite che ci impediscono semplicemente di rialzarci e percorrere la nostra strada. Possono essere degli scrupoli che ci paralizzano. A volte eventi futuri stanno come massi sui nostri cuori. Il coroanavirus….Abbiamo paura di una conferenza, di un esame, di una difficile operazione, di perdere o non trovare il lavoro, di non farcela. A volte sono persone che pesano su di noi come massi. Hanno potere su di noi. Vicino a loro non riusciamo a respirare in libertà, Ci limitano. Ci bloccano. E noi non ci comportiamo così come siamo. Abbiamo paura di fronte al loro sbraitare a voce alta, di fronte al potere distruttivo che esercitano. Come un masso impediscono la vita che vuole rifiorire in noi.

Risurrezione significa che un Angelo scende dal cielo e rotola via la pietra. Il peso che ci impedisce di vivere è rotolato via. Possiamo di nuovo respirare liberamente. D’improvviso non sentiamo più la pietra. L’Angelo si siede vittorioso sulla pietra rotolata via. La pietra diventa il segno della vittoria della vita sulla morte. Ci ricorda che ci è successo un miracolo, che la nostra tomba è aperta e noi ora possiamo sollevarci. Forse ci siamo preoccupati e in molti discorsi abbiamo tentato di liberarci dal peso della pietra. Tutto, però è stato inutile. D’improvviso entra un Angelo nella nostra vita. E senza sapere come ci sia successo, la pietra è rotolata via e noi sentiamo di nuovo la vita.

Alcuni hanno un cuore di pietra. Si sono chiusi talmente nei confronti dei sentimenti che il loro cuore è diventato di pietra. Sono freddi, esclusi dalla vita. Dietro la pietra che chiude il sepolcro il cadavere si decompone. Chi si trova dietro la pietra non ha relazione con le persone, e se la relazione è recisa, allora la persona si decompone, allora inizia a puzzare. L’amore di Gesù trapassa la pietra, è così forte da ricostruire la relazione di amicizia con Lazzaro fin dentro la tomba. La sua relazione è così forte che fa rivivere un morto. La sua parola d’amore che libera dalle bende. Gesù vuole liberare anche noi da tutte le catene della paura e dell’assuefazione, ci libera da tutto ciò che copre il nostro vero volto.

Quale pietra blocca la tua vita?

Celebra la resurrezione e allora cerca di respirare liberamente, di sentire la vastità interiore che nasce quando le pietre non ti impediscono più di vivere.

II domenica di pasqua 19/04/2020

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L’IDENTITA’ DI GESU’, IL SUO ESSERE FIGLIO E

LA NOSTRA FIGLIOLANZA

­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­­prima domenica di avvento

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“ Il mistero del Natale ci dice in modo semplice che Gesù, la Parola che viene dall’alto, il Figlio del Padre, si fa bambino, assume la nostra umanità, cresce come un ragazzo in una famiglia, vive l’esperienza della religiosità e della legge.

La vita quotidiana scandita dai giorni di lavoro e dal riposo del sabato, il calendario delle feste”. Come ogni uomo che viene al mondo anche Gesù domanda di essere accolto; accolto da una famiglia, accolto dai suoi, accolto da tutti noi:

Gv. 1,11-12

Venne tra i suoi, e i suoi non lo hanno accolto. A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome.

 

Accogliendo Gesù come Figlio di Dio, non solo riconosciamo la sua identità, ma noi stessi diventiamo Figli di Dio. La memoria della Incarnazione è insieme memoria della nostra identità.

Chi è questo bambino che viene al mondo?

 

La sua origine, annunciata da un angelo, svela la sua identità: “ Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo”. Incomincia da Nazareth, dalla casa di Maria, arca della nuova alleanza, la presenza del Verbo tra noi.

A Betlemme, a dei pastori, sarà ancora un angelo ad annunciarne la nascita: “ è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore”. In un bambino avvolto in fasce ed adagiato in una mangiatoia si cela il mistero di Dio, il Salvatore del mondo. Ma come poteva esserlo un bambino indifeso, figlio di povera gente, nato ai margini della città? Come potevano nascondersi in lui la forza e il potere che gli avrebbero consentito di essere il liberatore del popolo?

 

 

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SUPPLICA A SAN PAOLO VI NEL TEMPO DELL’EPIDEMIA
Ci rivolgiamo a te,
san Paolo VI,
nostro amato fratello nella fede,
pastore della Chiesa universale
e figlio della nostra terra bresciana.
Ti presentiamo la nostra supplica,
in questo momento di pena e dolore.
Sii nostro intercessore presso il Padre della misericordia
e invoca per noi la fine di questa prova.
Tu che hai sempre guardato al mondo con affetto,
tu che hai difeso la vita e ne hai cantato la bellezza,
tu che hai provato lo strazio per la morte di persone care,
sii a noi vicino con il tuo cuore mite e gentile.
Prega per noi,
vieni incontro alla nostra debolezza,
allarga le tue braccia, come spesso facesti quando eri tra noi,
proteggi il popolo di questa terra che tanto ti fu cara.
Sostienici nella lotta,
tieni viva la nostra speranza,
presenta al Signore della gloria
la nostra umile preghiera,
perché possiamo presto tornare
ad elevare con gioia il nostro canto
e proclamare la lode del nostro Salvatore.
Egli vive e regna nei secoli dei secoli.
Amen.

+ Pierantonio
Vescovo

 

 

 

ORZINUOVI

"Siete la comunità più colpita da questa epidemia che sta spargendo tanto dolore - sono state le sue parole - Ogni giorno penso a coloro che stanno lottando negli ospedali, malati, medici, infermieri. Penso ai parenti che non possono avvicinare i loro cari nella sofferenza, penso a quanti sono preoccupati, e lo siamo un po' tutti, che questo contagio continui a diffondersi. E poi i nostri cari che muoiono, che non cel la fanno. Ogni giorno affido tutti alla misericordia del Signore per intercessione della Beata Vergine delle Grazie. Leviamo lo sguardo alla croce del nostro Redentore, segno di amore e di vittoria, e camminiamo nella speranza".

 

 

CITTÀ DEL VATICANO , 15 marzo, 2020 / 11:06 AM (ACI Stampa).- 

La prova di questa epidemia è un avvertimento. È qualcosa che Dio usa per farci riflettere, per spingerci sulla strada del bene. Non perdiamo l’occasione”. Il cardinale Angelo Comastri, arciprete della Basilica di San Pietro, lo sottolinea al termine di una omelia densa, centrata sul Vangelo del giorno che vede Gesù sul pozzo ad aspettare la samaritana, in cui tutto è teso a ricordare che non c’è salvezza senza Gesù.

Lo sottolinea già all’inizio della Messa. “Siamo fragili, e l’unica roccia è Dio. Dio ci ha dato una legge per non farci del male. Ma la società ha voltato le spalle ai comandamenti di Dio, molti si comportano in modo opposto a quello indicato dai comandamenti di Dio. Non possiamo chiedere a Dio di impedire al fuoco di bruciare, dobbiamo chiedere la saggezza di non mettere le mani sul fuoco”.

La messa nell’altare della cattedra è diffusa in diretta perché non ci sono celebrazioni pubbliche. Poche persone in basilica, abitanti del Vaticano, tutti a distanza l’uno dall’altro.

Il cardinale Comastri comincia l’omelia ricordando i grandi della storia che hanno riconosciuto la superiorità di Cristo. Da Blaise Pascal, un vero genio, che “nella notte tra il 23 e il 24 novembre 1654 capì che Gesù è la mano tesa dalla cattiveria per tirarci fuori dalla cattiveria e per donarci la vera pace nel cuore”; allo scrittore russo Fedor Dostoevskij, che nel 1854 afferma di essere “figlio del secolo del dubbio e della mancanza di fede”, ma il simbolo che lo fa sentire in pace è “Credere che non c’è nulla di più bello, nulla di più consapevole, nulla di più coraggioso di Gesù Cristo. E non solo non c’è. Non può esserci”; fino a Napoleone, che sull’isola di Sant’Elena confida al generale Bertrand: “Io conosco gli uomini, e le dico che Gesù non era solo un uomo. Tra il cristianesimo e qualsiasi altra religione c’è la distanza dell’infinito: Gesù Cristo è unico”.

L’unicità di Gesù Cristo sta nel fatto – chiosa il Cardinale – che questi è “Dio fatto uomo”, e “se si è fatto uomo fino a venire ad abitare in mezzo a noi, la speranza è legittima: in mezzo a tanta follia, tanta cattiveria che vediamo esplodere ogni giorno, c’è un rivolo di luce, e chi si apre alla luce è libero dalle tenebre”.

L’episodio del Vangelo lascia capire la sensibilità di Dio. Gesù, andando a Nord, decide di passare dalla Samaria, terra di eretici, e aspetta la donna samaritana, disprezzata da tutti. Ma Dio – dice il Cardinale Comastri – “Dio non ha le nostre ripugnanze, desidera salvare, prova sentimenti di misericordia verso coloro che peccano e fa festa. Quanto è consolante questo fatto e quanto abbiamo da imparare dal comportamento di Dio”.

Gesù non insulta la samaritana, ma le parla “con grande umiltà” perché “in Dio non esiste arroganza, orgoglio, risentimento”. E a lei, Gesù svela “che c’è un’acqua che toglie definitivamente la sete, una acqua che riempie il cuore e lo rende felice, ed è un’acqua che è l’amore puro, che spinge ad uscire dall’egoismo donando se stessi agli altri”.

Il Cardinale Comastri nota che i “i fatti confermano le parole di Gesù. Frequentate chi fa il bene, e troverete un senso di appagamento che non può dare nessun divertimento e nessuna ricchezza nel mondo. Profondamente vero che le persone buone, quelle che fanno del bene, sono felici. Nessuno è tanto felice quanto un vero cristiano”.

Spiega il Cardinale, “Dio è umile, è infinitamente buono, ma non scende mai a compromessi con la menzogna e con il peccato. Gesù fa capire alla donna che la sua vita è sbagliata, che la sua vita è costruita sul fango e pertanto questa vita non la renderà felice. Per questo dice alla donna: chiama tuo marito e torna qui”.

In questo modo, “Gesù le fa notare il disordine della sua vita e questa è vera carità. Dire verità è la prima carità. La donna sicuramente uscì dall’incontro con Gesù profondamente cambiata”.

Da qui, l’insegnamento a “dire sempre la verità. Se un comportamento è sbagliato dobbiamo dirlo, ma con carità per evitare che il risentimento possa allontanare la persona dalla verità”.

Letto in questa luce, anche “La prova di questa epidemia, è un avvertimento, è qualcosa che Dio usa per farci riflettere, per spingerci nella strada del bene. Non perdiamo occasione”.

 

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L’IDENTITA’ DI GESU’, IL SUO ESSERE FIGLIO E  LA NOSTRA FIGLIOLANZA

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Il mistero del Natale ci dice in modo semplice che Gesù, la Parola che viene dall’alto, il Figlio del Padre, si fa bambino, assume la nostra umanità, cresce come un ragazzo in una famiglia, vive l’esperienza della religiosità e della legge. Come ogni uomo che viene al mondo anche Gesù domanda di essere accolto; accolto da una famiglia, accolto dai suoi, accolto da tutti noi:

 

Domanda: Mi sento accolto? Come sono capace di accogliere?

 

 

Il Don

don Alberto Cinghia